Viaggio naturalistico a La Palma (Canarie)


Torna il nostro viaggio naturalistico a 360° nella più bella delle Canarie: La Palma.
Dal 31 maggio al 9 giugno ci lasceremo coccolare dalla sua natura prorompente, dalle sue foreste, dai suoi deserti, dai suoi fondali, dai suoi vulcani e dal cielo stellato migliore dell'emisfero boreale.
Ben quattro di noi, due dei quali vivono a La Palma, sono coinvolti a vario titolo nell'organizzazione dei contenuti, degli itinerari, delle visite e, perché no, degli "accessori": Laura (Biologia), Paolo (Geologia), Elena (Astronomia), Pietro (Cucina).
Alloggeremo in cinque appartamenti in stile tradizionale canario nel villaggio di El Paso, alle pendici occidentali del Monte Taburiente, che condividono ampi spazi comuni, una piscina e bei giardini.
Esploreremo l'isola in tutti i suoi ambienti, con le migliori escursioni a piedi, bagni nella spiagge più isolate e panoramiche, visiteremo gli osservatori astronomici più importanti d'Europa sulla vetta di Roque de los Muchachos, vero tempio mondiale dell'astrofisica.
Disporremo di quattro auto per muoverci a La Palma, in modo da poter dividere il gruppo nel caso in cui qualcuno preferisse trascorrere una giornata in autonomia.
Vista la qualità eccezionale del cielo di La Palma, il nostro gruppo dispone di un proprio telescopio montato sul terrazzo di uno degli appartamenti. Oltre a permettere l'osservazione di oggetti celesti, il telescopio è attrezzato con un set completo di strumenti di astrofotografia. In questo modo chi fosse interessato può fotografare la volta celeste, la Via Lattea, galassie e ammassi stellari montando la propria macchina fotografica sulla nostra strumentazione.
Il programma del nostro viaggio a La Palma

La foresta di pino canario nel tratto iniziale della Ruta de los Volcanes

Un tratto della Ruta de los Volcanes ai margini della foresta di pino canario

Settore centrale della Ruta de los Volcanes

La cupola del telescopio Grantecan a Roque de los Muchachos

I telescopi M.A.G.I.C. a Roque de los Muchachos

Le saline di Fuencaliente

Tramonto alle saline di Fuencaliente

Tramonto alle saline di Fuencaliente

La Via Lattea al faro di Fuencaliente

Un maschio di Gallotia galloti palmae, la lucertola endemica di La Palma

Un villaggio sulla costa settentrionale dell'isola 

Santa Cruz de La Palma

Santa Cruz de La Palma

Foresta della media altitudine di La Palma

Foresta di pino canario a El Pilar, La Palma


Quante ore di luce ci sono in Islanda?


Classico dubbio, o curiosità, di chi progetta un viaggio in Islanda. Quante ore di luce, o di oscurità, ci sono in un giorno?
Può sembrare una questione di poco conto, ma non lo è. Qualche esempio.
Normalmente si pensa che l'inverno sia la stagione dell'aurora boreale, in Islanda. E' vero ma se conosci esattamente la distribuzione fra ore di luce e ore di oscurità puoi scegliere un periodo che offra le migliori opportunità notturne per l'aurora e anche tantissima luce diurna per vedere tutto il resto. L'aurora si forma tipicamente fra le 21 e le 3 del mattino, più o meno. E' quindi del tutto inutile scegliere un periodo in cui sia buio alle 4 di pomeriggio perché tanto prima delle 21 l'aurora non sarà visibile. Meglio allora scegliere un periodo in cui sia buio a partire dalle 21, in modo da godersi le ore di luce vedendo altre meraviglie. Con questo criterio è facile scoprire che non serve nemmeno attendere l'inverno per avere buone possibilità di vedere l'aurora. Le condizioni sono già favorevoli nella seconda metà di agosto.
Il periodo in cui, invece, si può beneficiare di infinite ore di luce in Islanda va da metà aprile ai primi di agosto. In questo periodo, sebbene il sole cali al di sotto dell'orizzonte, non diventa mai completamente buio. E' una condizione molto suggestiva che offre grandi opportunità ma che pregiudica completamente la possibilità di vedere l'aurora boreale.
Ecco una tabella riassuntiva che riporta gli orari dell'alba e del tramonto per ogni primo e quindicesimo giorno di ogni mese e per i giorni di partenza dei viaggi in Islanda di 90° EST.
Ma a parte la luce, quali sono le altre differenze "ambientali" fra un periodo e l'altro? Te lo raccontiamo qui.
Se invece cerchi informazioni sull'aurora boreale qui trovi tutti i nostri articoli su questo argomento.

Data Alba Tramonto Viaggi di 90° EST
1 gennaio 11.19 15.43
15 gennaio 10.54 16.20
1 febbraio 10.08 17.15
3 febbraio 10.03 17.20"Speciale Aurora Boreale"
10 febbraio 09.41 17.43"Speciale Aurora Boreale"
24 febbraio 08.54 18.28 "Speciale Aurora Boreale"
8 marzo 08.09 19.08 "Speciale Aurora Boreale"
14 marzo 07.50 19.25
1 aprile 06.46 20.18
15 aprile 05.56 21.01
1 maggio 05.00 21.51
15 maggio 04.13 22.37
1 giugno 03.23 23.30
15 giugno 02.57 23.59
1 luglio 03.05 23.56
6 luglio 03.17 23.45 "La stagione delle sorprese"
15 luglio 03.40 23.24
1 agosto 04.34 22.31
3 agosto 04.42 22.22 "Piena estate in Islanda"
10 agosto 05.04 21.59 "Piena estate in Islanda"
15 agosto 05.18 21.43
17 agosto 05.26 21.34 "Torna l'Aurora Boreale"
1 settembre 06.09 20.43
15 settembre 06.50 19.53
1 ottobre 07.36 18.56
15 ottobre 08.17 18.08
1 novembre 09.10 17.10
15 novembre 09.56 16.27
1 dicembre 10.45 15.47
15 dicembre 11.16 15.29

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Le strategie di 90° EST nelle varie stagioni per un viaggio in Islanda.

Fotografare la galassia M31 "Andromeda" dalla città

La galassia M31 Andromeda

Abbiamo la fortuna di organizzare viaggi in luoghi che offrono cieli meravigliosi e pressoché privi di inquinamento luminoso come, per esempio, a La Palma, a Fuerteventura e in Islanda.
Il cielo stellato ha un fascino particolare e, di solito, più lo si conosce, più si desidera di potervi dedicare tempo e pensieri.
Le stelle, intendendo con questo termine sia i fenomeni visibili a occhio nudo, sia quelli strumentali presenti nel cosmo, non sono solo interessanti dal punto di vista scientifico, ci aiutano ad allontanarci per un attimo dalla realtà "terrestre", offrono un punto di vista più distaccato ed un orizzonte più ampio alla realtà antropocentrica in cui siamo tutti immersi a tempo pieno.
Per molte persone che lo osservano, il cielo stellato è confortante e, allo stesso tempo, terrificante per la vastità dei fenomeni e delle grandezze, come tempo e spazio, con cui siamo chiamati a confrontarci ogni volta che guardiamo consapevolmente una stella, una galassia o una cometa.
L'avvicinamento alla conoscenza del cielo è graduale. Ogni volta che ci si sofferma per guardare la volta celeste, anche solo con gli occhi, nuove domande emergono. Il bello è che ogni volta si scopre qualcosa di nuovo, specialmente se si ha una persona più esperta al nostro fianco, si prende coscienza di nuovi dubbi a cui dare in qualche modo risposta.
Forse più di qualsiasi altra disciplina, l'astronomia amatoriale (ma anche l'astrofisica e la ricerca astronomica) ha tratto i maggiori benefici dalla rivoluzione digitale. Oggi un astrofilo con una esperienza davvero minima è in grado di osservare, fotografare e anche studiare, se vuole, ad un livello di approfondimento e con una facilità che qualsiasi astrofisico, solo vent'anni fa, non avrebbe nemmeno potuto immaginare.
Per esempio la galassia di M31 "Andromeda", protagonista di questo articolo, è stata da noi fotografata dalla città di Milano con una normale macchina fotografica reflex, un obiettivo economico e un treppiede motorizzato. Un'attrezzatura disponibile, volendo, con meno di mille euro. Ci sono poi un paio di software con cui prendere dimestichezza - per esempio Deep Sky Stacker e Gimp, tutti disponibili in versione gratuita - un po' di tempo da dedicare a questa passione e un po' di tentativi a vuoto che non ci devono scoraggiare.
Solo qualche decennio fa una fotografia, anche inferiore a questa, sarebbe stata alla portata solo di un grande osservatorio astronomico, con tecnici specializzati, strumentazione costosa e difficile da reperire, complesse operazioni di preparazione e sviluppo delle pellicole fotografiche e, infine, di stampa.
M31 "Andromeda" è la galassia più vicina alla nostra, la "Via Lattea". Le due galassie sono legate da interazioni gravitazionali e...si stano avvicinando alla velocità calcolata di poco superiore a 100 chilometri al secondo. L'incontro tra le due galassie è previsto tra...4,5 miliardi di anni. Sì, la distanza che separa la nostra galassia dalla sua vicina è francamente impossibile da comprendere per noi umani.
Andromeda contiene qualcosa come un miliardo di miliardi di stelle come il Sole e dista da noi circa 2,5 milioni di anni luce. Cosa significa? Significa che la luce che vediamo oggi di Andromeda è partita dalla galassia 2,5 milioni di anni fa ed ha viaggiato alla velocità di circa 300k chilometri al secondo. Quella che vediamo oggi è quindi la galassia di Andromeda di 2,5 milioni di anni fa. Non ha neanche senso convertire queste distanze in chilometri. Ne risulterebbero numeri privi di un reale significato a noi comprensibile.
La galassia di Andromeda è facilmente visibile a occhio nudo sotto un cielo scuro e con scarso inquinamento luminoso. In Foto 4 abbiamo indicato la sua posizione. Se il nostro occhio fosse abbastanza sensibile da percepire anche le parti più evanescenti della galassia, vedremmo in cielo un oggetto che ha una dimensione apparente pari a circa sei volte il diametro della Luna. Per questo in Foto 3 abbiamo inserito proprio la luna fotografata, sempre da noi, durante l'eclissi totale del 27 luglio 2018.
Come è stato possibile realizzare la fotografia con cui si apre questo articolo? Abbiamo già descritto parte dell'attrezzatura, la macchina fotografica - nel nostro caso una Nikon D7500 - e l'obiettivo - in questo caso uno zoom Nikkor 70-300mm. Cos'è il treppiede motorizzato? È uno strumento che permette di muovere la macchina fotografica, o il telescopio, in modo da assecondare il moto di rotazione terrestre. Permette quindi mantenere un oggetto celeste inquadrato e fisso nel fotogramma anche se, in realtà, quell'oggetto si muove nel cielo perché la Terra ruota su se stessa. Ne esistono sostanzialmente di due tipi: quelli "equatoriali" e quelli "altazimutali. Noi abbiamo utilizzato una montatura altazimutale, non ideale per uso fotografico, ma comunque più che sufficiente in questo caso. Se vuoi approfondire questo argomento puoi cercare sul web "astroinseguitore", "montatura equatoriale", "montatura altazimutale".
Ok allora basta quindi questa attrezzatura per scattare una foto così? La risposta, purtroppo, è no. Per realizzare una foto così serve una tecnica fotografica, quella che si chiama "astrofotografia". In cosa consiste? Consiste nel realizzare un gran numero di fotografie identiche che saranno poi elaborate da un software. Il software allineerà tutte le immagini utilizzando un certo numero di stelle che riconoscerà in tutte le fotografie, conserverà ogni dettaglio che si ripete tra una fotografia e l'altra, per esempio un pixel che in ciascuna delle fotografie ha un certo colore, mentre eliminerà, ogni dettaglio che non si ripete stabilmente nelle varie fotografie, per esempio i pixel colorati che costituiscono il cosiddetto "rumore". Questa operazione, se vuoi approfondire l'argomento, si chiama "stacking" o "integrazione".
Nel nostro caso, con Deep Sky Stacker, abbiamo integrato 700 fotografie identiche, ciascuna con un tempo di esposizione di 8 secondi e ISO 4000. In Foto 2 vedi una di queste 700 immagini. A queste 700 fotografie ne abbiamo aggiunte altre: 150 "bias frames", cioè foto realizzate con il tempo di esposizione più breve che la nostra macchina fotografica ci consenta, 1/8000 di secondo, e con il copri obiettivo montato. A cosa servono queste immagini nere? Servono per fare una rappresentazione del "rumore elettrico" della nostra macchina fotografica. Nel processo di stacking questo rumore sarà quindi "tolto" da ciascuna delle 700 fotografie della galassia. Abbiamo poi aggiunto 60 "flat frames", cioè fotografie scattate inquadrando una superficie illuminata uniformemente. Questi flat frames servono per rappresentare i difetti del nostro sistema fotografico, come la vignettatura o le imperfezioni dovute alla polvere che si deposita sul sensore della macchina fotografica o sulle lenti dell'obiettivo o del telescopio. Anche i flat frames sono stati inseriti nel processo di stacking.
L'immagine "grezza" finale è stata poi elaborata con Gimp per rendere correttamente visibili i dettagli più evanescenti contenuti nel file prodotto con l'integrazione delle 700 fotografie di M31 (light frames), i 150 bias frames e i 60 flat frames. Teoricamente avremmo dovuto aggiungere almeno anche un'altra categoria di immagini, i cosiddetti "dark frames", ma abbiamo la fortuna di disporre di una macchina fotografica che ci permette di evitare questo passaggio.
La rete offre una mole impressionante di informazioni sull'astrofotografia: tutorial, gruppi, corsi. Ce n'è per tutti i gusti, per tutti i livelli di esperienza e in tutte le lingue.
Attenzione, però, perché l'astrofotografia crea una pericolosa dipendenza.
Cieli sereni a tutti o, come dicono quelli bravi, "clear skies!"

Paolo Cortini ha scritto questo articolo.


Light frame
Foto 2: una delle 700 immagini utilizzate per l'integrazione (stacking)

Le dimensioni di M31 Andromeda e della Luna
Foto 3: le dimensioni apparenti di M31 "Andromeda" rispetto a quelle della Luna fotografata durante l'eclissi totale del 27 luglio 2018

Figura 4: la posizione nel cielo della galassia M31 "Andromeda"


Aurora Boreale estiva in Islanda


Ecco una domanda che ci viene posta con una certa frequenza: "In Islanda si riesce a vedere l'aurora boreale anche in estate?"
La risposta è...Sì, a partire da metà agosto. Vediamo perché.
L'aurora boreale può essere vista in certe condizioni (ne abbiamo già parlato qui):
1) l'attività magnetica del Sole deve essere intensa ed orientata verso la Terra;
2) il cielo deve essere sereno e scuro;
3) è necessario trovarsi alla latitudine appropriata;
A questo si aggiunge che l'aurora boreale è più intensa e frequente all'approssimarsi degli equinozi e che la luce lunare nelle ore notturne non facilità l'osservazione, ma può comunque generare paesaggi notturni particolarmente suggestivi e può essere utile per chi intende fare fotografie. Ultimo elemento: l'aurora boreale, alla latitudine dell'Islanda, si sviluppa tipicamente in un arco di tempo compreso fra circa tre ore prima e tre ore dopo la mezzanotte locale, quindi tra le 21 e le 3 del mattino.
Il mese di agosto in Islanda, ed in particolare la sua seconda metà, offre già tutte queste condizioni.
A metà agosto, in coincidenza con l'inizio di questo nostro viaggio, il sole sorge intorno alle 5 e tramonta intorno alle 22. L'oscurità notturna è quindi già sufficientemente estesa da garantire una discreta "finestra" di cielo scuro a cavallo della mezzanotte. Le condizioni migliorano ulteriormente verso fine mese: il sole sorge intorno alle 6 e tramonta poco prima alle 21. Ecco qui le effemeridi del Sole a Reykjavík per tutto il mese di agosto.
Questo non significa che la seconda metà di agosto sia il periodo migliore dell'anno per vedere l'aurora boreale. Significa che nella seconda metà di agosto la notte offre già alcune ore di oscurità per poterla vedere bene e che, soprattutto, la si può vedere dagli Altopiani (inaccessibili da settembre a fine giugno) e in condizioni meteorologiche propriamente estive. A settembre la "finestra" di oscurità notturna è ancora più estesa - quindi ancora più favorevole - ma le condizioni meteorologiche non sono più estive e gli Altopiani, normalmente, non sono più raggiungibili.
Naturalmente la probabilità di vedere l'aurora boreale è proporzionale al numero di notti che si decide di trascorrere in Islanda. La nostra esperienza ci suggerisce di non considerare un numero di notti inferiore a sei per avere una speranza ragionevole di avere successo.
Come mai, allora, si legge spesso che la seconda metà di agosto non è un buon periodo per vedere l'aurora boreale in Islanda? La risposta è semplice, perché, effettivamente, la "finestra" di oscurità disponibile a metà agosto non copre tutte le sei ore in cui si ha la massima probabilità di osservazione, specialmente nei primi giorni dopo metà agosto, perché un islandese sa che può vedere l'aurora boreale in orari più comodi a settembre o in altri periodi dell'anno e perché, se si parla solo di aurora boreale, effettivamente ci sono momenti dell'anno in cui l'osservazione è più agevole. Se, invece, si considera anche il clima (estivo nella seconda metà di agosto) e il luogo da cui si può osservare l'aurora (nel nostro caso anche gli Altopiani) risulta che la seconda metà di agosto è un ottimo periodo.
Una curiosità simpatica riguarda poi il rapporto tra gli islandesi e l'aurora boreale. Per la maggior parte degli islandesi l'aurora è un fenomeno totalmente irrilevante. Sono del tutto disinteressati ad un fenomeno naturale che fa parte della loro quotidianità. In Islanda, per esempio, sopravvive la credenza popolare secondo cui l'aurora si sviluppa solo nelle notti molto fredde. L'idea, scientificamente infondata, nasce dal fatto che l'aurora sia visibile quando il cielo è sereno. Nelle notti con cielo sereno la temperatura, in Islanda come altrove, è spesso più bassa che nelle notti con cielo coperto, perché l'assenza di copertura nuvolosa permette una più rapida ed efficace dispersione del calore diurno. Questo non basta per invertire la causa con l'effetto: non è il freddo a favorire l'aurora, è il cielo sereno - che a sua volta favorisce le basse temperature - a renderla visibile.
Molte sono le strategie che permettono di mettersi nelle migliori condizioni evitando di affidarsi al caso. In questa sezione abbiamo raccolto tutti i nostri articoli dedicati alla ricerca dell'aurora boreale in Islanda.
Nel viaggio in Islanda della seconda metà di agosto di qualche anno fa abbiamo osservato una delle aurore boreali più luminose degli ultimi decenni. La puoi vedere nel video all'inizio di questo articolo.

Paolo Cortini ha scritto questo articolo

Aurora boreale sopra Reykjavík

Il vulcano Keilir in Islanda ad un passo dall'eruzione

Eruzione Keilir Islanda
Il vulcano Keilir nell'Islanda occidentale. Foto di Paolo Cortini, marzo 2020


Chi ci segue abitualmente sa che da un paio d’anni osserviamo l’evoluzione degli eventi “vulcanici” sulla Penisola di Reykjanes, nell’Islanda occidentale, in particolare l’attività sismica tra i piccoli vulcani Þorbjörn e Keilir.

È notizia del 3 marzo 2021, che in corrispondenza del vulcano Keilir si registrano tutti i sintomi che spesso precedono un'eruzione vulcanica.

Cerchiamo di capire cosa stia succedendo.
La Penisola di Reykjanes è un’area vulcanica attiva che sorge su una delle strutture geologiche più importanti ed estese del Pianeta, la dorsale medio atlantica.
La dorsale medio atlantica, una sorta di lunghissima cicatrice sulla superficie della Terra, è estesa lungo tutto il fondale dell'oceano atlantico da nord a sud, attraversa interamente l'Islanda e divide i domini geologici nord americano da quello euroasiatico e il dominio sud americano da quello africano. È la proiezione sulla superficie terrestre di imponenti fenomeni che avvengono nel mantello terrestre ad una profondità compresa tra pochi chilometri e 400/700 km. In superficie la dorsale medio atlantica si manifesta come uno "sciame" di fratture del terreno - in alcuni casi molto profonde - orientate da sud ovest a nord est. Occasionalmente queste fratture si estendono fino ad intercettare il magma sottostante, favorendone la risalita. Questo processo, nell'area in cui si sarebbe formato l’oceano Atlantico settentrionale, è iniziato almeno 200 milioni di anni fa e prosegue oggi. Si manifesta attraverso una continua attività sismica ed eruzioni vulcaniche. Quello che identifichiamo come "oceano Atlantico" è in realtà il prodotto dell'allontanamento delle due masse continentali nord americana (in realtà la “placca” nordamericana) ed euroasiatica (la “placca” euroasiatica). La dorsale medio atlantica è il "cuore" superficiale di questo processo.

In diretta da Keilir

La Penisola di Reykjanes è letteralmente tagliata in due dalla dorsale medio atlantica. Il settore occidentale della Penisola si muove verso ovest “seguendo” la placca nordamericana, il settore orientale si muove verso est “seguendo” la placca euroasiatica.

Da un paio d’anni sulla Penisola di Reykjanes si registrano “sciami sismici”, ossia serie di centinaia o migliaia di terremoti di intensità bassa e media, tutti concentrati in un intervallo di tempo piuttosto contenuto, dell’ordine di qualche settimana, e tutti localizzati in un’area molto ristretta, qualche decina di chilometri quadrati. L’ultimo di questi sciami sismici in ordine di tempo è iniziato nel mese di febbraio 2021 ed è stato accompagnato da una “distensione” (allontanamento di punti che si trovano da parti opposte della dorsale) piuttosto marcato. A partire dal 25 febbraio a questa distensione si è associato un innalzamento della superficie del terreno di qualche centimetro. Negli ultimi giorni questi fenomeni si sono concentrati in un settore immediatamente a sud del vulcano Keilir, lungo una faglia che unisce Keilir con un altro piccolo vulcano chiamato Fagradalsfjall.

Nel pomeriggio del 3 marzo l’Ufficio Meteorologico Islandese ha segnalato la presenza di tremore vulcanico, cioè quel tipo di attività sismica "caotica" e superficiale che, spesso ma non sempre, accompagna l’inizio di un’eruzione vulcanica.
Vi terremo aggiornati.
Di seguito alleghiamo qualche immagine.

Scrive e aggiorna questo articolo il nostro Paolo Cortini, geologo e accompagnatore dei viaggi in Islanda di 90° EST.

In questo video il nostro Paolo Cortini tiene una lezione per gli studenti del corso di laurea in Scienze Naturali dell'Università di Milano, proprio dalle pendici di Keilir.


La Penisola di Reykjanes in Islanda
La Penisola di Reykjanes su cui sorge il vulcano Keilir



Vulcano Keilir, Islanda occidentale
Il vulcano Keilir






Terremoti Islanda
I terremoti in Islanda nella giornate del 2 e del 3 marzo 2021. Proprietà dell'immagine: IMO

Terremoti Keilir
I terremoti sulla Penisola di Reykjanes nelle giornate del 2 e del 3 marzo 2021. Proprietà dell'immagine: IMO



Deformazione Keilir
La deformazione del terreno nei pressi del vulcano Keilir nelle ultime due settimane di febbraio 2021: le due frecce contrapposte indicano il senso di movimento, i colori indicano l'entità del movimento in millimetri. Proprietà dell'immagine: IMO


Estensione eruzione Fagradalsfjall
3 marzo 2021: Estensione stimata della colata lavica nel caso in cui l'eruzione avvenga nei pressi di Fagradalsfjall. Proprietà dell'immagine: IMO


3 marzo 2021: Estensione stimata della colata lavica nel caso in cui l'eruzione avvenga nei pressi di Keilir. Proprietà dell'immagine: IMO


Nuove, fantastiche escursioni in Islanda

Una cosa che piace molto a noi di 90° EST quando siamo in Islanda è andare a caccia di nuovi percorsi a piedi.
Capita in estate come in inverno.
Da un lato c'è la curiosità di trovare itinerari alternativi approfittando di quella fantastica sensazione di essere i primi umani a calcare certi percorsi, dall'altra c'è l'esigenza di avere tracciati escursionistici gratificanti da calare come jolly nel caso in cui il tempo non sia buono nel punto in cui ci troviamo.
In Islanda, infatti, basta spostarsi di qualche decina di chilometri per trovare condizioni meteo opposte. È quindi importante avere buone carte da giocare per non trovarsi a "ciondolare" in giro in attesa che il tempo volga al bello.
Ci sono aree d'Islanda in cui questa ricerca è più facile, ma anche più utile, visti i caratteri del microclima locale. I Fiordi orientali, per esempio.
Tipico di questa regione straordinaria - in cui montagne e valli dalle forme dolomitiche si elevano direttamente dall'oceano - è il tempo nebbioso e piovigginoso portato dal vento da est. Qui, infatti, si trovano valli e fiordi profondi delimitati da pareti verticali in cui il vento umido e spesso tiepido dell'est non vede l'ora di incanalarsi e condensare, finalmente, in nebbia e nubi basse. Le nebbie dei Fiordi Orientali sono famose, in Islanda. Basta però che il vento ruoti di pochi gradi per generare una curiosa alternanza di valli e fiordi soleggiati con altri umidi e nebbiosi. La stessa cosa avviene con il vento da nord est. È quindi molto utile conoscere questo fenomeno in modo da poterlo sfruttare a proprio vantaggio in queste circostanze.
L'estate 2020 ci ha permesso ben tre esplorazioni di questo tipo, grazie anche alla complicità dei nostri viaggiatori. Due si sono svolte nei Fiordi orientali, una negli Altopiani meridionali.
Abbiamo studiato i nuovi percorsi prima su Google Earth, poi sulle carte topografiche in scala 1:10000. Conoscevamo quindi in anticipo i dislivelli, il tipo di terreno e i tempi approssimativi di percorrenza. Uno di noi a valle, sempre in contatto radio perché...non si sa mai.
In tutti e tre i casi il risultato è stato magico! Camminare sulle praterie dei Fiordi Orientali a due passi (a volte anche meno) dalla neve, avendo sempre l'oceano a poche centinaia di metri da noi è davvero sempre fantastico. Poi il silenzio assoluto, falesie altissime e valli misteriose, già pronte in realtà per la prossima esplorazione.
Negli Altopiani meridionali siamo saliti in vetta al monte Strutur, con la certezza che saremmo stati premiati con una delle visuali più belle e ariose sul ghiacciaio Mýrdalsjökull.
Queste tracce ora arricchiscono la nostra collezione di percorsi a piedi, custodita gelosamente in cloud in modo che ogni nostra guida possa attingere a questo nostro piccolo patrimonio costruito in tanti anni e migliaia, migliaia di passi.
Se vuoi, qui trovi tutto sui nostri prossimi viaggi in Islanda.





"Vedremo l'aurora boreale in Islanda?"


"Quante probabilità abbiamo di vedere l'aurora boreale in Islanda?"
Chi ci pone quotidianamente questa domanda sa che la risposta non è scontata. Ha probabilmente già raccolto opinioni discordanti fra amici e conoscenti che hanno già fatto un viaggio con l'idea di vedere l'aurora boreale. Qualcuno c'è riuscito, altri non hanno visto nemmeno le stelle.
Abbiamo più volte affrontato l'argomento su questo blog: il successo dipende fortemente da alcune strategie - in particolare dalla dimestichezza con l'uso di fondamentali strumenti tecnico/scientifici - e dalla possibilità di muoversi liberamente con un veicolo ad ogni ora della notte. L'aurora si può infatti manifestare in un momento qualsiasi, può durare un minuto come ore ed è visibile, ovviamente, solo se il cielo è sereno.
Esistono strumenti che possono dirci - con qualche giorno di anticipo - quale notte offra maggiori probabilità che l'aurora si sviluppi. Questo ci permette di prepararci e di distribuire efficacemente energie e attività. Altri strumenti possono indicarci l'orario più probabile in ciascuna notte. Altri ancora, i magnetometri, ci dicono cosa sta accadendo sopra le nostre teste senza nemmeno uscire a guardare e senza che sia necessariamente sereno in quel momento. Questi ultimi - essenziali se il cielo è coperto nel punto in cui ci troviamo - ci evitano di partire al momento sbagliato e di esaurire la nostra dose di pazienza quando non c'è alcuna speranza. Non è poco perché, se il cielo è sereno, possiamo dormire o fare altro, al caldo, conservando speranze ed energie in attesa del "segnale". Se il cielo non è sereno possiamo consultare modelli meteorologici estremamente dettagliati (e sfruttare la dimestichezza con i microclimi locali). Possiamo così sapere in che direzione spostarci e di quanti chilometri per trovare cielo sereno. La combinazione dei dati dei magnetometri con quelli dei modelli meteorologici è responsabile, da sola, di buona parte delle osservazioni degli ultimi anni per i nostri gruppi.
La quasi totalità dei viaggiatori che vanno in Islanda per cercare l'aurora boreale resta all'alloggio in caso di cielo coperto, non sapendo che è possibile trovare cielo sereno - con un'approssimazione più che accettabile - se si conosce l'interazione fra la direzione del vento e l'orografia.
Veicoli 4X4 speciali, capaci di muoversi anche nella neve e con qualsiasi condizione meteorologica, un accompagnatore che conosce questi fenomeni, sa interpretare tutti i dati scientifici e che ha dimestichezza assoluta con il territorio, completano la "dotazione" di 90° EST nei viaggi in Islanda a caccia di aurore boreali.
È davvero necessaria tutta questa organizzazione? Si può scegliere di affidarsi al caso o prendere un bus che parte e rientra ad un orario predefinito senza alcun supporto tecnologico. Può essere la tua notte fortunata ma nulla di più.
Per rispondere direttamente alla domanda iniziale possiamo dire che tutti i viaggiatori che sono venuti in Islanda con noi in inverno e il 95% di quelli che sono venuti in Islanda con noi nella seconda metà di agosto hanno visto l'aurora boreale. Basta questo per "garantire" il successo? Ovviamente no. Un fenomeno naturale non può mai essere garantito e capiterà certamente, prima o poi, che un nostro gruppo non veda l'aurora boreale nonostante le migliori intenzioni ed miglior supporto tecnologico.
90° EST offre però qualcosa in più che non l'impegno a fornire il massimo della competenze, dell'intraprendenza e della dimestichezza con l'aurora boreale. Offre la possibilità di osservarla in contesti particolarmente suggestivi. Chiunque abbia visto bene l'aurora boreale sa che molto del suo fascino dipende dall'ambiente in cui si è immersi nel momento in cui compare. Il parcheggio di un albergo o un'area di sosta per i bus non offrono le stesse sensazioni di un passo di montagna, di un altopiano innevato o di una laguna glaciale in cui gli unici "ospiti" sono i propri compagni di viaggio.
Tutti i nostri articoli riguardanti l'aurora boreale sono raccolti qui.
Questi sono i nostri viaggi di febbraio e marzo, questo è il viaggio della seconda metà di agosto.
Se la tua passione è la fotografia, abbiamo preparato una guida per fotografare l'aurora boreale.

Chi ha scritto questo articolo?
http://www.90est.it/paolo_cortini.html  Paolo Cortini - 90° EST


 

Viaggio a La Palma - Uno sguardo sull'isola



Se ti capita di chiacchierare delle Canarie con qualcuno originario dell'arcipelago, la conversazione verterà su Tenerife, Lanzarote e le altre isole famose, quelle che lui si aspetta che tu conosca, almeno per sentito dire.
Prova a nominare "La Palma", vedrai il sorriso nascere sul volto del tuo interlocutore perché La Palma, per i canari, è l'essenza e l'orgoglio di un intero arcipelago. È l'isola di cui andare fieri perché rappresenta il meglio di ciò che le Canarie possano offrire, senza i disastri urbanistici che hanno compromesso alcuni settori delle isole più famose come Tenerife o Gran Canaria.
La Palma, oltre ad offrire una varietà di scenari davvero sorprendente, è un caso felice di integrazione dell'uomo con l'ambiente e di valorizzazione del patrimonio naturale.
A La Palma quest'idea positiva si sente nell'aria perché nessun locale è fiero di La Palma per i suoi resort e i suoi villaggi turistici - che infatti non esistono - ma tutti sono orgogliosi degli osservatori astronomici, della politica di contenimento dell'inquinamento luminoso, dei meravigliosi sentieri e delle foreste di pino canario. E a nessuno dispiace che al di fuori dell'isola la spiaggia di Nogales, tanto per fare un esempio, sia praticamente sconosciuta
L'isola di La Palma appartiene alle Canarie occidentali ed è la quinta isola per estensione su sette isole maggiori.
Come tutte le Canarie, anche La Palma è un'isola vulcanica, anzi una tra le più attive avendo visto l'eruzione del vulcano Cumbre Vieja nel 2021.
La Palma ha una caratteristica che la identifica e da cui derivano il suo clima, la sua morfologia, la sua storia: il grande vulcano Taburiente. Questo imponente edificio vulcanico alto 2500 metri, oggi inattivo, occupa tutto il settore centro settentrionale dell'Isola. La montagna intercetta i venti dominanti, gli alisei, che determinano la formazione di nubi e lo sviluppo di precipitazioni nel settore settentrionale dell'Isola. Quest'acqua, da secoli, viene convogliata in modo da assicurare rifornimento idrico anche ai territori che ricevono pochissima pioggia nel corso dell'anno, come il settore meridionale.
La vegetazione cresce rigogliosa a tutte le quote e una fiorente agricoltura arricchisce l'economia dell'Isola. Banane, uva (e vino), ortaggi, canna da zucchero sono solo alcuni dei prodotti di La Palma non solo oggi, ma anche nel suo glorioso passato. Da La Palma, per secoli, sono salpate navi cariche di zucchero, rum, frutta e ortaggi verso le Americhe e l'Europa e la storia, l'architettura e la cultura dell'isola riflettono questo importante passato commerciale.
Le acque dell'Atlantico, rese qui particolarmente produttive dalla "Corrente delle Canarie", hanno permesso lo sviluppo fiorente della pesca in tutte le epoche. Basta perdersi nei banchi di uno dei mercati del pesce di La Palma per rendersi conto della varietà di specie ittiche che questo mare offre in abbondanza.
Sulla vetta del vulcano Taburiente, a Roque de los Muchachos, sorge una delle più prestigiose istituzioni scientifiche del pianeta, l'Osservatorio di Roque de los Muchachos. Consiste in una serie davvero interessantissima di cupole astronomiche gestite dalle più importanti istituzioni europee che si dedicano all'astrofisica. L'Osservatorio ospita alcuni degli strumenti più evoluti al mondo, come il Gran Telescopio Canarias ("Grantecan" con uno specchio primario di 10,4 metri di diametro, il più grande al mondo), il telescopio italiano Galileo (diametro 3,58 metri), il Swedish Solar Telescope, il William Herschel Telescope (diamentro 4,2 metri) e il MAGIC Telescope (Major Atmospheric Gamma-ray Imaging Cherenkov Telescope).
Scendendo di quota dai 2500 metri di Roque de los Muchachos si incontra la vastissima fascia altimetrica caratterizzata dalle foreste di pino canario. Il pino canario è una pianta maestosa e bellissima, caratterizzata da fronde ampie e rade. Cresce sia sui versanti umidi sia su quelli "secchi" e produce foreste pressoché prive di sottobosco in cui si sviluppa una fitta rete di sentieri a tutte le quote.
Ad altitudini ancora più basse la morfologia si fa spesso accidentata, con canyon profondi ed estesi - i cosiddetti barrancos. Alcuni sono percorsi da corsi d'acqua, altri sono secchi. Sono sempre ambienti selvaggi e suggestivi e alcune delle escursioni più interessanti sull'isola si sviluppano, almeno in parte, proprio all'interno di queste grandi forre.
La fascia costiera presenta aree pianeggianti o a debole pendenza che ospitano i centri abitati e le zone agricole. Tra queste spiccano immediatamente le vaste piantagioni di banani, risorsa economica tra le più importanti sull'isola.
Prima dell'inizio della coltivazione del banano, la canna da zucchero ha definito l'economia e la cultura di quest'isola. Le distillerie, ancora presenti, sono un'ottima fonte di informazioni su questo particolare aspetto del passato che ha avuto un impatto decisivo sull'identità culturale di La Palma.
Il litorale di La Palma è, per la maggior parte della sua estensione, roccioso, sebbene siano presenti poche ma meravigliose spiagge.
Se le isole delle Canarie orientali presentano due situazioni completamente diverse tra le coste orientali (dove il mare è quasi sempre calmo e balneabile grazie alla protezione della vicina costa africana) e quelle occidentali (moto ondoso quasi sempre troppo energetico per la balneazione), le isole occidentali offrono un mare sempre piuttosto "dinamico" e la balneazione è concentrata in poche località che presentano una morfologia particolarmente accogliente.
Anche i centri abitati sono interessanti. La capitale Santa Cruz de La Palma presenta alcuni edifici coloniali che mantengono strutture caratteristiche ormai perdute in tutte le altre isole dell'arcipelago.
Plaza de España e Calle Real, a Los Llanos de Aridane, sono impreziosite da undici monumentali piante di ficus portate sull'isola alla metà del diciannovesimo secolo da migranti cubani. Sono il simbolo della città e motivo di ispirazione per generazioni di artisti e viaggiatori.
La Palma, negli ultimi quindici anni, ha investito nel turismo "lento" in cui l'escursionismo rappresenta una voce importante.
Una fitta rete di sentieri e percorsi è stata istituita negli anni, numerose realtà imprenditoriali locali, gestite spesso con successo da stranieri, si sono affacciate nel tempo permettendo di fruire in modo professionale di tutto ciò che l'Isola offre a viaggiatori curiosi ed esigenti.
90° EST propone un viaggio a La Palma che permette di esplorare l'isola a tutte le quote attraverso escursioni a piedi o in acqua. Un geologo e una biologa marina accompagnano il gruppo e un astronomo si affianca per la visita all'Osservatorio di Roque de los Muchachos e per le osservazioni notturne del cielo con un telescopio.

Paolo Cortini ha scritto questo articolo.

Viaggio a La Palma

Viaggio in Patagonia


Viaggio in PatagoniaQualche giorno fa, in una di queste molteplici e lunghe serate di lockdown che ci tengono ahimè ancora lontani dai nostri amati viaggi (nell'emisfero sud ci stiamo avvicinando al solstizio d’inverno e sfortunatamente la situazione qui in Cile e in altri paesi del Sudamerica non si è ancora normalizzata per quanto riguarda la diffusione del Covid-19) stavo guardando un film praticamente sconosciuto in Italia sulla storia e del “quasi” conflitto bellico tra Cile e Argentina.
Il lungometraggio si intitola “Mi mejor enemigo” (Il mio miglior nemico) e mostra come qui, in Patagonia, le differenze storiche, culturali e geografiche siano praticamente inesistenti tra un lato e l’altro della frontiera. I due presidi militari si trovano faccia a faccia a difendere un confine di fatto inesistente. Dopo i primi mesi di noiose giornate in trincea chiedendosi il perché di una guerra tanto inutile, finalmente i due schieramenti decidono di riavvicinarsi con l’immancabile partita di calcio seguita da un buon mate e da un asado patagonico.
Dare una definizione univoca della Patagonia risulta sempre molto complesso.
Dal punto di vista geografico la Patagonia comprende un vasto territorio, condiviso tra Cile e Argentina, che si estende per più di un milione di chilometri quadrati in quello che viene definito il Cono Sud, quell'ultima fetta triangolare situata nell'estremo meridionale del Sudamerica stretta tra la morsa dagli oceani Atlantico ad est e Pacifico ad ovest e delimitata a nord dai corsi dei fiumi Colorado e Bio Bio rispettivamente in Argentina e Cile. Una regione vasta, piena di contrasti e con una bassissima densità abitativa, che da secoli attrae esploratori e viaggiatori ma della quale stentiamo a riconoscere l’origine etimologica.
Parco Nazionale Torres del Paine, Patagonia
Molti sono ancora convinti che il termine “Patagones” con cui Magellano battezzò gli indigeni durante uno dei primi storici incontri nella baia di San Julian, faccia riferimento ai grandi piedi di questi ultimi (“pata” in spagnolo significa piede o meglio zampa). Il nostro connazionale Antonio Pigafetta, che scrisse il diario di bordo della spedizione e che riuscì a far rientro in Europa alcuni anni più tardi, non svelò mai la ragione etimologica del termine, sebbene dalla metà del XVI secolo inizino ad apparire le prime mappe con impresso il termine descrittivo della regione.
Diversi autori hanno cercato in maniera contrastante di descriverne il paesaggio, i cieli, la solitudine dei grandi spazi e di mettere nero su bianco le proprie sensazioni per cercare di dare un’anima a questa terra lontana.
Bruce Chatwin la definisce “un’amante difficile. Lancia il suo incantesimo. Un’ammaliatrice. Ti stringe tra le sue braccia e non ti lascia più.”.
Per Charles Darwin è “una regione piatta, interrotta solo da poche valli e depressioni insignificanti. Ovunque il paesaggio presenta lo stesso sterile aspetto; un terreno sassoso e secco sostenta solo ciuffi d’erba bruna e avvizzita e pochi stentati cespugli spinosi.”.
Per lo scrittore Luis Sepulveda, scomparso tristemente nell'aprile del 2020, la Patagonia rappresenta un luogo […] “sospeso tra la terra e il cielo”; mentre il buon vecchio Alberto De Agostini si meraviglia di fronte alle sue montagne e alle […] “aduste pareti di granito che sovrastano per mille o duemila metri sul proprio capo; si rimane fortemente impressionati e ci si convince che per arditezza di forme e per attrazione alpinistica, non hanno niente da invidiare ai più celebri colossi delle nostre Alpi.”.
Per conoscere questa terra e cercare di scalfirne il significato, non c’è altro modo se non quello di esplorarla, calpestarla e navigarla. È appunto dietro questa filosofia di conoscenza che ruota il viaggio in Patagonia che vi proponiamo. Un viaggio che ci porti ad attraversare le sue terre immense e desolate, sterili per certi versi come le descrive Darwin, ma piene di vita e biodiversità nascoste; un viaggio che ci permetta di avvicinarci ai bastioni prorompenti delle verticali pareti di granito delle sue montagne, dal Cerro Torre alle guglie del Fitz Roy fino all'imponente massiccio delle Torri del Paine; un viaggio che ci porti a navigare tra le gelide acque dei suoi immensi laghi turchesi, a tu per tu con i giganti di ghiaccio del Campo de Hielo Patagonico Sur, come il Perito Moreno o l’Upsala, ma anche a navigare tra le acque australi del Canale di Beagle, attraversate durante le esplorazioni scientifiche di inizio Ottocento da Darwin stesso.
Un percorso ideato anche per “sentire” la Patagonia sulla propria pelle, con camminate lungo sentieri escursionistici dall'immenso valore paesaggistico, naturalistico e fotografico, in cui saremo affiancati dall'immancabile compagno di tutti i trekking: il vento.
Scopo dell’itinerario è quello di conoscere le differenze che arricchiscono la Patagonia, dove i confini sono solamente politici ma non fisici, dove non esiste un Cile o un’Argentina ma solamente una storia ed una cultura comuni.
Solo percorrendo le strade della Patagonia - e non volando velocemente da un punto all'altro - è possibile intuire il senso di isolamento e lontananza che qui gli uomini hanno provato per secoli. Una condizione che si manifesta oggi nel carattere e nelle tradizioni di queste popolazioni. Ecco perché durante il nostro viaggio ci troveremo non solo a camminare o a navigare, ma anche a percorrere lunghi tratti stradali attraverso la Patagonia continentale e la Terra del Fuoco fino a raggiungere l’ultimo insediamento degno di nome del Sudamerica, Ushuaia.
Insomma, come disse il grande poeta iberico Antonio Machado “È camminando che si fa il cammino”.

Il programma del nostro Viaggio in Patagonia
Marco Rosso , guida di 90° EST in Patagonia, ha scritto questo articolo.


Il massiccio del Fitz Roy durante il viaggio in Patagonia

Una sera a Kirkjubøur

Kirkjubøur

Nel nostro viaggio alle Isole Faroe abbiamo inserito alcune attività che non sono normalmente accessibili ai visitatori. Questo è possibile grazie ad anni di frequentazione di queste isole, ai locali che nel tempo abbiamo incontrato e con cui abbiamo condiviso esperienze di grande valore.
Kirkjubøur è il più importante sito storico delle Isole Faroe. Sede episcopale per secoli, ospita oggi i ruderi della Cattedrale di Magnus, la Chiesa di Sant'Olav e la fattoria più ricca e prestigiosa di tutto l'arcipelago.
Ciò che vediamo oggi a Kirkjubøur è il risultato di almeno mille anni di storia di un piccolo villaggio sulla costa meridionale dell'isola di Streymoy e testimonia di tutte le trasformazioni politiche e religiose che hanno investito, nei secoli, le isole dell'Atlantico settentrionale dall'arcipelago britannico all'Islanda.
Attraverso i manufatti custoditi a Kirkjubøur è possibile riconoscere, per esempio, la grande evoluzione della società legata all'avvento del cristianesimo e, successivamente, i drammatici eventi che, su queste e altre isole, hanno accompagnato la diffusione della riforma protestante.
Un elemento è rimasto nei secoli a Kirkjubøur, quasi a registrare fedelmente ciò che avveniva: la fattoria di Kirkjubøargarður. Con fattoria non intendiamo tanto un edificio, o un'attività, quanto una famiglia che da ben 17 generazioni dimora su questo terreno.
L'abitazione in cui vive oggi la famiglia Patursson, l'edificio più imponente e ricco di questo piccolo villaggio, è oggi il museo più importante delle Isole Faroe ed uno dei monumenti più prestigiosi. Qui è possibile trovare oggetti antichissimi, ricostruire l'evoluzione dei costumi e delle attività sulle Isole, osservare quali strategie fossero necessarie per sopravvivere in periodi bui, come quelli caratterizzati dal trade monopoly, dal XVI al XIX secolo, durante la dominazione danese.
Nel pomeriggio il museo chiude, i visitatori lasciano Kirkjubøur, il villaggio ritrova il suo silenzio e la famiglia Patursson riprende possesso delle sale della sua casa.
È in questo momento che il nostro amico Johannes Patursson apre le porte di Kirkjubøur al nostro gruppo.
Tutto l'edificio, la Cattedrale di Magnus e la Chiesa di Sant'Olav sono solo per noi e Johannes può iniziare a raccontarci di questo incredibile villaggio e di questa fattoria che sembra essere stata scelta dalla Storia affinché certi fotogrammi di un passato minore e invisibile arrivassero intatti fino ai giorni nostri.
Abbiamo conosciuto Johannes nel 2014. Allora eravamo semplici visitatori di Kirkjubøur. Una nostra domanda, a cui è seguita una breve conversazione, è all'origine dell'amicizia con Johannes.
Più recentemente abbiamo discusso con lui dell'origine di alcuni manufatti antichissimi che si trovano in una delle sale di Kirkjubøargarður, dei vasi in talcoscisto, una roccia non presente alle Faroe, ma diffusa in Norvegia e sulle Alpi. Insieme abbiamo ipotizzato il possibile percorso storico, suffragato da articoli e documenti, che ha portato quegli oggetti misteriosi fino a Kirkjubøur.
Ad ogni nostro incontro Johannes ospita per cena il nostro gruppo nella sala principale della sua casa museo e nei locali utilizzati quotidianamente dalla sua famiglia. Solo noi e la Storia.
È un'esperienza di cui andiamo fieri perché questo incontro, da solo e grazie alla disponibilità di Johannes, permette ai nostri viaggiatori un'immersione profonda nella realtà e nella Storia delle Isole Faroe.

Paolo Cortini ha scritto questo articolo.